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Omaggio a Pinotto Fava |
Verso una teoria della prassi: Audiobox tracce di un percorso controverso |
di Pinotto Fava
"Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto in un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, dove, in fondo all’abisso, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a se una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola, com’era dolce!" (Storia Zen) |
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Le recenti analisi e indagini di mercato nate intorno all’offerta e al consumo di radiofonia negli e degli anni ’90 portano ad una sola conclusione: la radio privata e pubblica "deve selezionare un pubblico e rivolgersi ad esso con una comunicazione che sia senza incertezze mirata. La radio è un mezzo a target e ogni compromesso rispetto a questo assunto di base vale come un errore di comunicazione e porta fuori dal mercato".
Trasformando la conclusione in premessa il nuovo direttore generale della RAI va oltre ed afferma con imprenditoriale sicurezza che "la radio è il vero business del futuro" Non è mia intenzione mettere in discdssione il realismo, la lungimiranza o le qualità profetiche degli apostoli di questa dottrina; e ancor meno aprire un confronto sulla radio generalista o tematica. |
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Me lo impediscono non tanto il tema di questo intervento per l’immagine leggera quanto il tempo, lo spazio, la voglia soprattutto. Più semplicemente questo avvio permette di aprire un breve discorso su Audiobox, spazio radiofonico di ricerca da me creato tanti anni fa, a partire dalla coda, e cioè dal suo destino attuale o dalla sua morte imminente. Quando voi leggerete questo contributo, infatti, Audiobox potrebbe non esserci più. Non sarebbe la fine del mondo, tutti sopravviveremo, perche, come dice l’Ecclesiaste, "C’è un tempo della ricerca e un tempo dell’abbandono". |
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Comunque, si mette male. Infatti una radio tematica -pubblica o privata- non dedicherebbe mai una rete o una fetta di qualche rilievo di un palinsesto alla produzione e diffusione di un programma "sperimentale" o comunque di libera ricerca che, inesorabilmente, " porta fuori dal mercato", che per definizione è libero, "perché libera la mente".
D’altra parte una radio relativamente generalista (e temo che una radio pubblica sia costretta ad esserlo, a meno che non disponga di molti canali, Internet a parte), tollera sempre meno, anche nella rete per definizione "culturale" un programma non inseribile nei codici noti e nei generi codificati, non riconducibile alla serialità, non associabile agli standard dei formati, dei tempi, dei ritmi, delle sonorita; una zona franca e forse ingovernabile anche per la ricerca e la scelta degli autori e compagni di strada, lontana dagli ambienti che contano, dalla cultura dello scambio di favori, dalla fuga dai rischi, dalla glorificazione dell’esistente.
Anche perché continua a pesare e a far paura la parola sperimentazione, che pure è sempre, e non da noi soltanto, messa in discussione sul piano estetico, mediale, filosofico. |
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Con la morte di Moro nel ’78 e l’invito reiterato a "non farsi megafono delle BR" cambia il clima di libertà-liberazione che aveva connotato gli anni avventurosi detti anche di piombo e che aveva già dovuto fare i conti con l’altro invito a non incoraggiare gli "opposti estremismi".
La "gente" non è più protagonista, crescono la diffidenza e la paura, il controllo si fa più attento. Gli anni ’80 segnano un (forzato) ripiegamento nel privato, la caduta della solidarietà, un ritorno a1l’ evasione: un buontempone lo chiamerà " edonismo reaganiano". In questo clima nasce, a cavallo tra il ’78 e il ’79, "Fonosfera. Segmenti, percorsi e dinamiche sonore in una proposta di laboratorio a cura di Armando Adolgiso e Pinotto Fava", che va in onda con cadenza quindicinale al giovedì (alternandosi ogni settimana con "I pensieri di King Kong", stessi curatori), che costituisce l’antefatto di Audiobox e ne anticipa i percorsi. |
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La politica sulle strade e sulle piazze si è spostata nei nuovi luoghi della ricerca, il linguaggio (eversivo anche quando appare evasivo) è la fonte e l’approdo della nuova contestazione, "Fonosfera" costituisce per alcuni aspetti lo sviluppo della sperimentazione radiofonica degli anni ’60 e ’70, affidata soprattutto ad artisti ed operatori provenienti dal teatro, ma per altri ne rompe la continuità, sulla base di nuove esigenze e di nuovi comportamenti esistenziali ed espressivi.
Si mette in discussione non solo la "ragion teatrale" del radiodramma, distanziandosi dal genere, ma anche da un supposto "specifico" radiofonico e suggerendo un nuovo protagonismo del mezzo in collegamento con gli altri. Ci si apre all’intercodice; si recuperano i comportamenti, le pratiche e i linguaggi delle avanguardie storiche europee a partire dal Futurismo.
Si stabiliscono relazioni scambi e collaborazioni, non solo con le neoavanguardie ma con tutte le aree di intervento estetico, sinestetico, mediale, politico: la strip, il fumetto, la fanzine, la musica d’assalto, la videoarte, il cinema sperimentale, la performance, ecc. Il teatro non era più l’unico e nemmeno il maggiore riferimento ma, né più né meno, uno dei tanti possibili. |
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Se ripenso agli artisti che animarono per alcuni anni le nostre "dinamiche sonore" con prove uniche d’autore, scopro che la gente di teatro fu praticamente assente. Autori e insieme realizzatori delle operazioni acustiche furono tra gli altri Alberto Grifi, Giordano Falzoni, Christina Kubisch, Walter Branchi, Michela Mollia, Arrigo Lora Totino, Teresa De Santis, Vittore Baroni, Corrado Costa, Rod Summers, Vittorio Gelmetti, Walter Ruttmann, Lamberto Pignotti, Giuliano Zosi, ecc. Presenti invece, non certo casualmente, artisti della visione come Ferruccio Ascari, Luca Patella, Gianfranco Baruchello, Valerio Miroglio; gli stessi Falzoni e Pignotti erano attivisti soprattutto nell’ambito della pittura, della grafica o della poesia verbovisiva.
Se "Fonosfera" costituiva il laboratorio in atto (le opere erano realizzate tutte in Via Asiago con un inadeguato strumentario da un’equipe sostanzialmente stabile), "I pensieri di King Kong" - programma puntillista, a singulti, oscillante tra informazione e piccoli assaggi di materiale creativo - provava a rappresentare la realtà degli universi paralleli all’esterno: i laboratori che sperimentavano i nuovi linguaggi mutuati anche dal fumetto e dalle riviste satiriche, dal riciclaggio dell’informazione e dalle nuove tecniche televisive, dalla musica "alta" e da quella "bassa". |
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Da "Fonosfera" e "King Kong" si scivola naturalmente verso Audiobox che vide ancora molto attivo Armando Adolgiso, soprattutto nella progettazione di una rassegna internazionale di ricerca sonora di cui parleremo più avanti.
I due vecchi programmi furono del resto assorbiti in due dei quattro spazi di cui Audiobox riuscì a disporre fino al ’94: "Fonosfera" conservò il suo nome e rimase al giovedì; le modalità dei "Pensieri di King Kong" si trasferirono nella nuova diretta Audiobox (50’ circa di comunicazione veloce, incontri, frammenti di spettacoli, piccole performance) che cominciò a Roma con Sergio Messina e dopo si tralsferì a Napoli, dove rimase per circa nove anni, fino all’ulltima trasmissione del 9 marzo ‘94, Audiobox Diretta coinvolse un gran numero di artisti, ensemble, collettivi mucicali e politici, studiosi, produttori e organizzatori; ospitò anche eventi creativi di varia natulra, preregistrati o proposti da vivo anche con pubblico.
Mi vengono in mente i nomi di Giuseppe Rocca, Lamberto Lambertini, Antonio Neiwiller, Roberto Paci Dalò, Isabella Bordoni, Enrico Frattaroli, Gianni Celati, Gabriele Frasca, Pier Luigi Castellano, Mario Martone, Peter Gordon, Francis Bebey, Bisca, Daniele Sepe. |
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Ripensare, retrospettivamente e globalmente, ad un’avventura duralta circa vent’anni in un ambiente estraneo, silente o ostile porta ad una comppressione, uno schiacciamento delle tensioni, delle emozioni, dei sentimenti (ma anchce dei mutamenti, delle novità, delle virate) che ne hanno segnato la storia, l’andamento non prevedibile nè lineare. Non è facile quindi identificare le direzioni e i motivi -altri direbbero le priorità teoriche- che hanno ispirato o connotato l’attività di Ausdiobox.
Tante se ne possono identificare. Il significante prima e più del significato. L’incrocio dei generi. Il mullticodice e l’intercodice. Le forme e i linguaggi della pubblicità. Le nuove tecnologie, la multimedlialità. Il riciclaggio dei materiali. Gli spostamenti spiazzamenti depistaggi fino al detournemen. La scelta "sentimentale" dei collaboratori e degli autori.
Il tentativo infine di provocare nuova immaginazione e nuovo immaginario. Cose di cui ci capiterà ancora di parlare. Ma non abbiamo tentato di costruire pregiudizialmente una struttura teorica complessiva. E del resto "le teorie sono fatte solo per morire nella guerra del tempo. |
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Allo stesso modo nessuna epoca vivente è mai il prodotto di una teoria: è anzitutto un gioco, un conflitto, un viaggio..." (Guy Debord). Ecco, forse questo ci aiuta a rintracciare il senso di un movimento, di una prassi. Costretto a scegliere, col senno di poi, le pulsioni e i bisogni che più di altri hanno segnato il nostro percorso verso una drammaturgia dell’ascolto, tendo a privilegiare quelli che seguono.
1. L’andare rispetto alla meta. ("Qualsiasi strada se seguita fino alla fine non conduce da nessuna parte. Arrampicati solo un poco sulla montagna per vedere se è una montagna. Dalla cima non potresti vedere se è davvero una montagna").
2. A partire dalla perdita del centro: il nomadismo, lo smarrimento, la deriva ("La formula... non l’abbiamo cercata nei libri ma nell’erranza. Era una deriva rapida, in cui niente somigliava al giorno prima e che non si fermava mai").
3. Il patto con la scienza e quindi con la natura ("Nel 1974 anche se pochi suoi colleghi lo sapevano, Feigenbaum stava lavorando su un problema profondo: il caos"; "la nuova condizione dell’artista... rimanda alla biologia molecolare, alla geologia, all’ordine/disordine in un universo fisico tutto da esplorare. Si cerca un’ecologia della mente nel silenzio strepitoso di Matera")
4. I meccanismi d’attrazione-seduzione ("Incontri sorprendenti... incantesimi pericolosi... nulla mancò... abbiamo almeno incontrato alla fine l’oggetto della nostra ricerca? Bisogna credere che l’avessimo almeno visto di sfuggita perché... a partire da quel momento ci siamo ritrovati a possedere uno strano potere di seduzione...").
5. L’obliquità e trasversalità del suono ("La voce può bene trascorrere intatta/ per gli obliqui forami che son ne le cose; ma questo/ negasi a le visive imagini a scinaersi nate/ ove per dritti fori non s’aprano un varco...").
6. Il silenzio (" Silenzio!/ Strillo di cicale/ penetra le rocce”; "...Dell’immagine sonora... attraverso il silenzio, speculare al grande fragore, contenitore e misura di tutte le cose...").
7. La lotta e il gioco ("Resistere è esistere". "Il discepolo disse:- Maestro, ci manca un verso -.. Col ruggito di un leone vittorioso Hoshin gridò: -. Kaa! -. ed era morto".). |
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L’incontro di questi elementi, in moto continuo e circolare, ha reso possibile l’attivazione di circuiti di energia e quindi la produzione di molti programmi. Perché‚ Audiobox non ha soltanto mediato e veicolato: ha con pochi soldi organizzato molto e molto realizzato. L’arrivo di Sabina Sacchi (che con Paola Scalercio e poi Antonella Bottini ha dato energia al nostro lavoro, ciascuna a suo modo esprimendo la parte femminile dell’ ermafrodito Audiobox) coincide con la prima fase progettuale e organizzativa della Rassegna Internazionale di Sperimentazione Sonora che fu realizzata nel 1984 a Cosenza (anzi ad Arcavacata) con la collaborazione dell’Università della Calabria.
Le ragioni che spinsero verso questa prima sortita furono inizialmente: ridare protagonismo alla radio rispetto al più poderoso e coinvolgente mezzo televisivo, sfruttando proprio la sua residualità oltre che la sua " differenza", che le consentiva di sedurre e di aggregare dove meno aggressiva e violenta era la pressione del mercato; incontrare e coltivare pubblico giovane a partire dagli studenti; stanare i propri simili oltre i confini nazionali, a partire dall’Europa, per farli entrare a contatto diretto; dare visibilità anche esterna, "fisica" al rapporto della radio con le nuove realtà (di linguaggio, mediali, percettive) che agitavano gli ambienti artistici e alimentavano le forme emergenti; dare seguito più continuo e compatto ad una pratica di collalborazione scambio-coproduzione con enti e organismi istituzionali non radiofonici già avviata da tempo. |
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Solo successivamente avrebbe acquistato più chiaro significato e senso -.ostentando lo strumentario radiofonico - il rapporto corpo fisico/etere e materiale/immateriale, che avrebbe consegnato l’immagine più forte del festival a Matera, luogo alto e icona della cultura materiale e della storia e insieme entità astratta, aliena, atemporale.
La Rassegna eblbe cinque edizibni: nell’84 e nell’85 a Cosenza, nell’86, ’88 e .90 a Matera; nell’86 era anche arrivato il poatrocinio del EBU/UER (Unione Europea di Radiodiffusione). Temi di ciascuna edizione: “Il suono, la radio, le nuove tecniche, l’intercodice" ("Da quando i generali non muoiono più a cavallo, i pittori non sono più oblbligati a morire davanti al cavalletto"); “la radio e l’ arte acustica, verso’ una cartografia del silenzio" (“che la parola sia resa visibile, nera"... "l’occhio trafigge il silenzio, e l’orecchio che è silenzio è trafitto dal suono"); "Il tempo radiofonico e il piccolo formato" ("ministorie, minishow, slogan, sigla, jingle, clip, short, spot, blitz.... Quanto contiene e quanto dura un minuto radiofonico?"); "La radio e gli altri media, andata/ritorno, Inside/O)utside" ("situazioni pluridirezionali e percorsi multipli verso il nuovo teatro, la performance, la T’V il disco e il CD, il lalboratorio scientifico, gli spazi urbani e extraurbani e viceversa"); "Dalla forma dei luoghi alle forme del suono" (" Dentro lo spazio fisico del paesaggio, la comunicazione sonora.... recupera gli elementi originali del linguaggio.... provoca lo stato di contemplazione dell’ estasi e le vertigini della trance....un’ecologia della mente, con scariche e scambi di energia....").
Dall’84 al’90 fu ascoltata, vista e seguita al Festival Audiobox la più avanzata produzione di ricerca degli enti radiofonici sotto forma spettacolare, audiovisiva, performativa, di installazione, (in aule universitarie, spazi museali, luoghi aperti, case grotte, chiese rupestri) oppure come semplice ascolto, in luoghi chiusi e apetti o in cuffiaa con selezione delle opere da parte degli spettatori ascoltatori.
Molte opere furono viste e ascoltate dal vivo e andarono in onda negli spazi RF di Audiobox, alcune performance furono trasmesse in diretta. Non posso elencare tutti gli autori, titoli ed esecutori/attori, ma è il caso di ricordare soprattutto gli interventi di Lawrence "Butch" Molrris, Paolo Fresu, Annecchino/Rendine, Helen .Thorington, Arsenije Jovanovic, Koinè, Alvin Curran, Radio Subcom, di forte impatto sonoro o di complessa struttura tecnico-formale. |
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Emozionante, forse memorabile, fu “Tufo muto" ambizioso progetto di Alvin Currarn: voci materane di popolo, due quadretti strumentali collocati in alto e un indigeno aggressivo gruppo rock, interventi elettronici e campionamenti dal vivo colpivano da più parti il pubblico sistemato sul fondo, all’interno di una grande cava di tufo lunga 120 metri e larga 40, dotata di una naturale quadrifonia che creava struggenti evanescenze, fughe, rincorse e sovrapposizioni sonore.
In questo straordinario contenitore fu progettato e realizzato anche "Risultanze" di Paolo Fresu Dai seminari e dalle analisi del Festival nascerà tra l’altro nell’86 a Firenze in seno all’EBU Ars Acustica, un comitato internazionale che raggruppava i settori di sperimentazione delle radio pubbliche europee (con corrispondenti in Australia e in USAl) collegandone e coordinandone le attività.
Il gruppo produrrà nel tempo incontri, rassegne di radio e new media, scambi annuali di programmi, coproduzioni. E’ curioso e non privo di senso che esso fu all’origine una filiazione del già esistente gruppo del radioteatro, che si dibatteva e ancora si dibatte in una crisi di idee e di operatività, oscillando tra impennate di orgoglio e sconforto per la tristezza dei tempi che viviamo. |
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In molte altre occasioni Audiobox sarebbe uscito dagli Studi proiettandosi in spazi esterni, attraverso collaborazioni con enti radiotelevisivi, istituzioni culturali, artistiche, musicali, musei e gallerie; ma soprattutto con associazioni, gruppi, sale polivalenti, scuole popolari, produttori e radio indipendenti, centri sociali, ecc.
Forse la presentazione di una decina di opere di "Fonosfera" nell’80 alla GNAM di Roma - già in una cetta misura multimediale - fu la prima occasione. Ma molte altre ne seguirono: a Pavia, Torino, Napoli, Clusone, Ferrara, Ruvo di Puglia, Bologna, Bari, Francoforte, Colonia, Madrid, Arles, Londra, Ragusa, Rimini, Palermo, Roma, Linz.....
E ci fu perfino una sortita a Oppido Lucano, in provincia di Potenza, dove esiste (magnifico!) una Piazza Demetrio Stratos con fontanile. E a pattire dall’86 sono usciti dischi e CD spesso in coproduzione, con opere trasmesse da Audiobox di Eugenio Colombo, Steve Lacy, Robetto Laneri, Arturo Annecchino e Sergio Rendine, Charlie Morrow, Alvin Curran, Roberto Paci Dalò, Paolo Modugno, Franco Fabbri, Tiziano Tononi, Jon Rose, Laboratorio Musica e Immagine. |
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Alvin Curran è figura centrale nel panorama variegato di Audiobox non solo per la qualità e quantità delle opere e delle performance realizzate, ma per la presenza nei grandi appuntamenti e iniziative internazionali e soprattutto per la carica innovativa dei suoi progetti radiofonici. Due in particolare produssero una svolta nei metodi di "fabbricazione", di gestione e di fruizione del mezzo. Sono A piece for peace dell’85 (vincitore del Premio Italia, realizzato per l’anno europeo della musica) e Crystal Psalms dell’88, (ascoltato in più occasioni in tutto il mondo e considerata un’ opera unica nel suo genere), due coproduzioni tra vari enti radiofonici europei. |
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Accenniamo soltanto alla seconda, che dilata e sviluppa le intuizioni della prima. Occasione e fonte di ispirazione di Crystal Psalms fu la commemorazione della Krystallnacht, con la quale ebbe inizio, tra il 9 e il 10 novembre del ’38, lo sterminio del popolo ebreo da parte del regime nazista. Simultaneamente da sette differenti città (Roma, Francoforte, Berlino, Copenaghen, Vienna, Parigi, Hilversum) altrettanti gruppi vocali e strumentali più alcuni solisti suonano delle partiture distribuite prima per consentire loro di provare. Nella regia centrale a Roma - che manda anche in onda nastri preregistrati con voci provenienti da vari luoghi e città - confluiscono i segnali raccolti al chiuso o all’ aperto dalle diverse stazioni radiofoniche degli enti partecipanti, che vengono immediatamente ritrasmessi-mixati in regia da Curran e dai tecnici romani ai centri di ricezione delle sette emittenti e vengono quindi ascoltati in diretta in sei nazioni. In realtà ciascuna esecuzione musicale ascoltata live dal pubblico costituisce, come struttura compositiva, un concerto autonomo; ma il risultato complessivo è un "concerto dei concerti" che passa per un’unica consolle.
Alcune rapide considerazioni. C’è una complessa progettazione e organizzazione. C’è tutto il laboratorio: schema grafico, scrittura, composizione, elaborazione, prove. La diretta simultanea assicura il massimo di immediatezza. Tutti gli esecutori pensano alla propria partitura, ma sono mentalmente collegati con gli altri luoghi. Gli ascoltatori hanno differenti possibilità di fruizione, secondo la loro collocazione, nei luoghi dei concerti o accanto alla radio. Si è in molti spazi e in nessun luogo. Il tempo unifica ciò che lo spazio divide. Infine: l’ opera non è solo concepita per la radio, ma è la radio stessa. Roba da far felice Rudolf Arnheim, grande teorico della radio e del cinema, dando sostanza al suo sogno di universale abbraccio radiofonico. |
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Particolarmente significative, nell’ ambito del radiodramma furono tra 1988 e l’89 due progetti curati da Carlo Infante: i cicli "Teatri d’ascolto" (6 opere) e "La scena invisibile" (16), nelle quali fu presentato il meglio del nuovo teatro soprattutto italiano, ma con progetti radiofonici o alla radio mirati: Koinè, Toni Servillo ed Enzo Moscato, Teatro delle Briciole, Fiat Teatro Settimo, Giorgio Barberio Corsetti, Giacomo Verde e Banda Magnetica, Mario Martone e Peter Gordon, Giovanna Marini e Thierry Salmon, ecc. Nei teatri d’ascolto, gli autori, i registi, i gruppi, preregistravano per Audiobox nastri drammaturgicamente autonomi, fortemente evocativi sul piano dell’immagine sonora.
I nastri con i radiodrammi venivano utilizzati in teatri, sale o spazi aperti saldandosi ed interagendo con parti (ulteriori dialoghi, musiche, effetti) scritte e pensate per la situazione scenica. Si determinavano così due livelli di percezione-fruizione, echi di lunga distanza e lunga durata: quello dell’ascolto radiofonico e quello della visione-ascolto teatrale. Ma la messa in onda del preregistrato era simultanea allo spettacolo, all’evento scenico, veniva cioè raccolto e percepito non solo dal pubblico ma dagli stessi attori in diretta, come voce della radio, che veniva aperta sul luogo dell’azione, al momento dell’inizio della trasmissione. L’operazioone, insieme sofisticata e calda, puntava molto sull’ oscillazione, etere/corpo, visibile/invisibile, materiale/immateriale, reale/virtuale.
Ma anche altre opposizioni-incontri di cui si alimenta la radio quando non appiattisce i propri linguaggi sullo sviluppo narrativo lineare o sul presente della tribalità mediatica: flusso/sospensione, sottofondo/concentrazione, teppismo/meditazione, trash/sublime, attimo/infinito. |
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Nel ’94 arriva Pino Saulo, già alla RAI ma da me aiutato a fuggire da un lavoro ingrato ed associato nella gestione del programma. Armandoo Adolgiso era andato via da qualche anno non tanto e non solo da Audliobox, ma dalla RAI tout-court. Pino Saulo avrebbe portato nuove idee e coinvolto altre figure e persone soprattutto a partire dalla musica sperimentale -capace anche di interventi extra e metamusicali-. ed in particolare da quell’area delle musiche definibili "extracolte" o eterodosse, in realtà meglio coltivata delle musiche definite colte per coazione a ripetere o per difesa corporativa: Evan Parker (già ascoltato in Audiobox, più presenze, magnifica quella in coppia con Curran), il trio Blegvad Cutler-Greaves, Tim Hodgkinson, Dagmar Krause, Ossatura, Otomo Yoshihide, Fomoflo, Ned Rothenberg, Zu, Musica Elettronica Viva ed Italian Instabile Occhestra (due ritorni, molto tempo dopo), Abaoaqu (trenta musicisti, divisi in otto nove gruppi attivi ciascuno per 7’), il Gruppo Romano Free Jazz, Stefano Maltese, Pasquale Innarella, Mike Cooper, N.o.r.m.a., Lamusim, Giorgio Occhipinti, Gianni Gebbia, What we live, Takla Makan, Fraili, Rudiger Karl, Mistress, Mauro Orselli, ecc., molti impegnati dal vivo negli studi di Via Asiago.
Notevoli i programmi dedicati a Coltrane e in particolare all’ultima stagione, lavoro non solo radiofonico ma di sistemazione critica: musicisti, critici, pubblici, per un seminario, un concerto dal vivo, tre messe in onda, un CD con Tiziano Tononi ed altri brillanti interpreti ("Coltrane’s infinity train"). Il tutto organizzato con la rivista " Musica jazz", che avrebbe pubblicato anche i testi del convegno. A Pino Saulo si deve anche il primo suggerimento di "Valvole", modalità d’intervento sulla radio oltre che programma fatto di schegge, frammenti, detriti mediali (radio, cinema, TV stampa), attingendo da archivi e in buona parte anche da quello dissestato di Audiobox.
L’idea non è del tutto nuova, a partire dalla scelta di un tema unificante che ogni volta "orienti il disorientamento". Ma inediti sono la grande varietà delle fonti e quindi i livelli e codici espressivi, i bruschi salti temporali e delle geografie culturali, la mancanza di collegamento con l’attualità che caratterizza altri percorsi di flusso elettronico (v. "Blob"). |
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Concludo la scorribanda con due avventure collettive: " Horizontal Radio" (1995) e "Rivers and bridges" (1996), due enormi e sinuose macchine multimediali composte di contributi diversi -grandi e minimi- di una ventina di emittenti Rf sparse nel mondo.Realizzate dal gruppo " Ars Acustica" in collaborazione con "Ars Electronica" di Linz. Complessi sistemi di ponti mentali lungo i fiumi della comunicazione planetaria, vene del mondo cablato per provare a ritrovarsi tra migranti affini col miraggio di una radio anarchica, che favorisce le ibridazioni, che non annulla le differenze, ma respinge le esclusioni e i primati.
Mille e più cose sono accadute nelle città, nei campi, sui fiumi, nei musei, davanti al computer. Quanti strumenti, quante tecniche, quanti supporti, quanti media sono stati utilizzati? Già li sapete: radio, telefono, TV computer, internet.
E per finire il già citato Debord: "Lo stratega Tsun Tse ha stabilito già molto tempo fa che vantaggio e rischio sono entrambi inerenti alla mossa... Contrariamente alle fantasticherie degli spettatori della storia, quando cercano di fare gli strateghi su Sirio, non sarà mai la più sublime delle teorie a garantire l’evento, al contrario è sempre l’evento realizzato a farsi garante della teoria. Perciò bisogna correre dei rischi e pagare in contanti per vedere il seguito."
Con grande piacere ricordo (gli esercizi di memoria fanno quasi sempre bene) le persone che più di altre hanno tentato di vivere con me per lunghi o lunghissimi periodi, fabbricando il corpo ambiguo magnetico, mutevole, mutante e mostruoso di Audiobox. Sono, oltre ai già citati Adolgiso, Scalercio, Sacchi, Bottini e Saulo: Enrico Zummo, Sergio Messina, Claudio Grimaldi, Guido Piccoli, Giacomo Forte, Canio Loguercio, Gabriele Frasca, Emiliano Li Castro, Silvana Matarazzo, Nicola Catalano, Barbara Ambrosini, Roberto Bernardi, Sergio Chistolini, Marco Diodato, Valerio Rivelli, Francesco Sergi, Gianni My, Umberto Ammendola, Gigi Amore, Luigi Becchimanzi, Ennio Rossi, Rosario Barbaraci, Ciro Lutricuso. Con gli altri, tanti, mi scuso.
* La cava a sinistra della Chiesa della Palomba che ha ospitato Audiobox a Matera
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Pinotto Fava è nato a Matera nel 1935. Produttore, autore, conduttore e ricercatore. Dopo gli esordi teatrali (come regista e attore) a Napoli alla fine degli anni Cinquanta, entrò alla RAI TV nel 1960 come funzionario dei programmi per il settore rivista, varietà e musica leggera.
Attratto del medium radiofonico per le maggiori opportunità di ricerca e sperimentazione che esso offriva, chiese a ottenne di passare al settore prosa della radio nel 1968. In seguito alla riforma del ’75, iniziò l’attività di produttore che lo avrebbe portato a sviluppare esperienze di commistione tra i generi, puntando al raggiungimento di un’audience fedele, da allrgare nel tempo, più che alla massimizzazione degli ascolti.
Da questi presupposti nacquero Fonosfera (dal 1978 al 1980) con Armando Adolgiso e Audiobox (dal 1991 al 1998): due trasmissioni innovative che hanno saputo superare le categorie e le distinzioni tra cultura alta e bassa, tra colto ed extracolto, collegando i vari media in produzioni che combinavano spettacolo dal vido a registrazioni, radio e nuove tecnologie ecc. Audiobox è stata anche una rassegna di arte acustica a Matera. Nel 1980 Pinotto Fava è stato uno dei fondatori del network delle radio pubbliche europee Ars Acustica. |
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