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RETE SOCIALE
15/10/2008  Lascia un commento
Capipopolo, mestieranti e servi
di Anna R. G. Rivelli

Meglio aspirare ad essere capipopolo che mestieranti e servi. Nonostante l’argomento di cui si parla meriti la più categorica serietà, non si può fare a meno di ispirarsi alla spicciola filosofia di Nino Frassica (meglio buoni e belli piuttosto che brutti e cattivi) per riflettere su quanto da qualche giorno sta emergendo dal dibattito scatenato dall’intervista rilasciata dal P.m. Vincenzo Montemurro a Il Quotidiano.

Benché troppo spesso, infatti, le ragioni della politica riescano a trovare un varco e a nidificare nell’ignoranza o nella superficialità o nell’indifferenza e certe flatulenze intestinali (il vetriolo – direttore Leporace – ci sembra cosa assai più nobile) riescano in un immediato estremamente circoscritto a fare largo e vuoto, non bisogna dimenticare che la storia è una scienza e come tale si fa sui documenti.

E i documenti ci sono e, ahimé, c’è pure chi si prende la briga di vagliarli per capire a quale epoca appartengono, se all’oscurantismo del primo medioevo o alla luce di un nuovo rinascimento. La sindrome da Savonarola, da cui ci si vuol far credere siano affetti tutti coloro che a vario titolo tentano di far emergere il sommerso, appare pertanto assai poco credibile, specialmente se si considera che nella categoria dei persecutori, fustigatori, giustizialisti, capipopolo e persino dipietristi vengono annoverati sempre e solo quelli che nei documenti mettono mano e cercano, e nel cercare trovano e con il frutto della loro ricerca si impegnano per venire a capo di questioni che esistono, ma non si sono mai spiegate.

Passare dalla storia dell’isola felix a quella dell’isola dei “misteri lucani”, infatti, sarebbe un buon propedeutico alla sceneggiatura di una saga, una di quelle alla Harry Potter che vivono essenzialmente del loro lasciare in sospeso tutto e tutti per non limitare possibilità all’inventiva. Il passo ulteriore, invece, è necessario e meraviglia il fatto che la politica, persino se in odore di illuminazione, non sappia o non voglia riconoscerlo e si sbracci piuttosto a discolparsi e a dare addosso agli untori.

Tant’è con l’assoluta consapevolezza che non esistono colpe e colpevoli a priori, ma non di meno con il ragionevole dubbio che per esporsi nella denuncia di questioni tanto gravi non è sufficiente né un "look aggressivo" né "qualche altra attività extra-religiosa", ma ci vuole una profonda conoscenza ed un sacrosanto desiderio di cambiare le cose.

Che questo c’entri con la politica è certo, non si può smentire; il problema è che la politica lucana non c’entra ormai più con se stessa e mentre si occupa quasi esclusivamente d’altro ( alleanze, strategie elettorali, accordi di partito) lascia spazio a quanti hanno finalmente in odio un sistema di cui si potrebbe al massimo attenuare, ma non sminuire la negativa valenza in regione. Se la politica lucana decidesse di "rinvenire" e riprendere coscienza di se stessa, forse si accorgerebbe del fermento di quella piazza di cui sarebbe troppo avventato, e forse anche pericoloso, continuare a farsi gioco.

Parlare ancora di buchi nell’acqua per tutte le inchieste locali (anche per quelle che non sono ancora del tutto definite e per quelle che risultano solo un po’ ridimensionate) ed ostinarsi a negare piuttosto che a spiegare particolari assai poco misteriosi dei misteri lucani tradisce alla fine la mancanza di volontà di voltare pagina dopo la scritta fine.

Il tutto non per dividere, ma per iniziare una nuova storia dove non ci sia bisogno di capipopolo né ci sia spazio per mestieranti e servi.

Anna R.G. Rivelli
Noi Cittadini Lucani

>> www.noicittadinilucani.ilcannocchiale.it
 
 
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