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Giornata mondiale della Biodiversità |
WWF Italia
In occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità il WWF (che aveva stilato nel 1998 per conto del Ministero del Ricerca Scientifica la prima Lista Rossa delle specie minacciate di estinzione) ha definito una prima Lista delle specie simbolo italiane messe a rischio dal consumo e frammentazione del territorio, dai cambiamenti climatici e dalla caccia per le quali poco o niente vien fatto per salvarle, né come strategia né come risorse dedicate. Lontre, lupi, orsi, pipistrelli, aquile del Bonelli, capovaccai, grifoni, gipeti, galline prataiole, anatre marmorizzate, tartarughe marine, pesci d’acqua dolce continuano a rarefarsi a causa dell’incessante attacco al loro territorio o direttamente per mezzo di lacci, trappole, veleni, doppiette fuori controllo.
Ormai basterebbe un banale evento di avvelenamento per potere definitivamente condannare in Italia all’estinzione l’orso, non esistono strategie per aiutare la convivenza pacifica con i lupi ,mentre dalla Toscana si grida al disastro e si addossano colpe di anni di malgestione del problema randagismo alla popolazione di lupo selvatico. Sebbene il nostro paese sia al centro di una delle aree più ricche di biodiversità del mondo ancora oggi manca una Legge specifica che tuteli la nostra fauna, non esiste né una Strategia nazionale per la Biodiversità come previsto dalla Convenzione internazionale sottoscritta dal Governo italiano.
IL COUNTDOWN 2010 PER LA BIODIVERSITA’
Il 2010 è oramai alle porte, l’anno del Countdown, della svolta per la nostra biodiversità, del target che ha impegnato tutti i Governi del mondo a poter dichiarare che nessuna specie si è estinta, anzi che nessuna specie rischierà più seriamente di estinguersi sta arrivando e le premesse per una tragedia annunciata ci sono tutte. Tigri, rinoceronti, elefanti, oranghi, testuggini, delfini, squali e tante altre migliaia di specie, dai vertebrati ai piccoli polipi delle barriere coralline dell’oceano pacifico, per il WWF versano tutti in condizioni disperate, per diversi di loro non si sa se arriveranno a superare il prossimo decennio, per molti di loro l’estinzione è reale, palpabile. Se il traguardo di fermare l’estinzione sembra non essere stato raggiunto dalla comunità internazionale non c’è da essere allegri neppure all’interno dei confini nazionali.
ITALIA : UN SALTO INDIETRO DI MEZZO SECOLO
In Italia nessun passo concreto negli ultimi anni per difendere al ricchezza di specie e habitat e, al limite del ridicolo, si arriva addirittura oggi a proporre di riaprire la caccia a specie simbolo delle nostre vette alpine, come lo Stambecco. Questa specie ha registrato il crollo di alcune popolazioni, la mortalità più alta a livello di subpopolazioni negli ultimi anni, con flessioni numeriche in alcuni contesti alpini da rabbrividire: nonostante questo la Provincia di Sondrio ha chiesto di aprire la caccia allo Stambecco con l’intento dichiarato di “far apprezzare di più questa specie e quindi aiutarne la conservazione”. E’ questo un brutto messaggio culturale che vede protagonista il simbolo di uno dei maggiori sforzi di conservazione promossi dal nostro paese: nell’’800, infatti, lo Stambecco era praticamente estinto in tutta Europa e solo grazie all’iniziativa italiana, con un intervento legislativo specifico di un sovrano piemontese, questa specie fu protetta. Oggi lo si vuole cancellare in nome di una libera caccia scevra da serie valutazioni scientifiche.
“Il tentativo della caccia allo stambecco è solo l’ultimo atto di un’arretratezza culturale che abbiamo registrato anche nei reiterati tentativi di deregulation della caccia nazionale di questi ultimi mesi, realtà che sta portando indietro l’Italia di almeno 50 anni – ha dichiarato Michele Candotti – direttore generale del WWF Italia - E’ un segnale preoccupante che svela come un tema così strategico per il futuro del paese, ovvero, la difesa della biodiversità , sia ostaggio politico nelle mani di pochi (i cacciatori sono appena l’1% della popolazione italiana), frutto anche di una fase pre-elettorale che non rispecchia alcun interesse della collettività. Un altro dei brutti biglietti da visita del nostro paese in vista del Countdown 2010”.
La caccia si aggiunge ad un elenco di rischi per la biodiversità che vede ai primi posti i cambiamenti climatici e la perdita di habitat sotto il peso del cemento e della carenza di una pianificazione territoriale. In Italia il consumo del suolo raggiunge i 110 km2 l’anno, ovvero, 30 ettari al giorno, ovvero, 200 metri quadrati al minuto: così scompare il suolo fertile per l’agricoltura e il territorio naturale di molte specie a rischio.
Un’altra specie a rischio, il capovaccaio, un raro avvoltoio, vede in Italia solo meno di 10 coppie ed è in attesa di una strategia di difesa; lo stesso vale per un altro rarissimo rapace, l’Aquila del Bonelli o per i grifoni ancora vittime di bocconi avvelenati. |
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“Il countdown 2010 per il WWF vede l’Italia impreparata, con un patrimonio di specie e habitat preziosissimo su cui gravano pesanti inadempienze e minacce dirette che riportano la cultura della difesa della biodiversità indietro di almeno mezzo secolo - dichiara Fulco Pratesi, Presidente Onorario del WWF Italia - Il primo passo concreto che il WWF chiede è l’avvio di una Strategia Nazionale per la Biodiversità, visto che l’Italia resta uno dei 5 paesi dell’Unione Europea ‘orfana’ di questo strumento insieme a Cipro, Grecia, Lussemburgo e Malta. Chiediamo l’impegno del Ministro dell’Ambiente salvare animali simbolo come l’Orso, la Lontra, lo Stambecco, il Lupo, l’Aquila del Bonelli, il Capovaccaio che rendono unico il nostro paese”. |
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LA LISTA WWF DELLE SPECIE SIMBOLO IN PERICOLO IN ITALIA |
Orso: piccole e ridotte popolazioni che vedono ogni giorno di più contrarsi il loro habitat i loro boschi , frammentato da strade, minacciato da nuovi insediamenti sciistici e abitativi, tagliati per fare spazio a nuovi terreni agricoli e per finire messi a serio rischio da una cattiva gestione della caccia e vittime di quel veleno che mani incoscienti continuano a spargere nei nostri ambienti (20-25 individui sulle Alpi, 60 sugli Appennini)
Lontra: chi l’avrebbe mai detto che un’auto potesse rappresentare un serio rischio per la lontra, raro abitante dei nostri corsi d’acqua. Eppure è così le infrastrutture viarie che hanno negli ultimi anni frammentato i loro ambienti sono diventate delle barriere, degli ostacoli tra un corso d’acqua e un altro e oggi oltre alla distruzione degli ambienti fluviali la lontra è diventata una delle vittime illustri delle auto nel vano tentativo di spostarsi da un fiume ad un altro. (220-260 individui stimati e distribuiti lungo i fiumi del centro sud)
Stambecco alpino: Lo stambecco è senza dubbio una delle specie simbolo dell’arco alpino, testimonial di una rinascita nello scorso secolo a partire da un’unica popolazione residua che rimaneva nel 1920 all’interno del territorio del Parco Nazionale Gran Paradiso, e grazie ad ingenti sforzi promossi ha riconquistato una parte del suo antico areale con nuove popolazioni che, nella maggior parte dei casi, sono tuttora piccole e sofferenti a causa di una bassissima variabilità genetica, e di una particolare vulnerabilità della specie agli stress ambientali e di natura antropica, il global warming sembra avere la capacità di influire sulla mortalità dei piccoli di ungulati consentendoci di affermare come questa specie sia tra quelle in crisi a causa dei cambiamenti climatici. (circa 30.000 capi su tutto l’arco alpino, di cui almeno un terzo in Italia)
Lupo: ancora oggi il bracconaggio rappresenta la prima minaccia per questa specie, un accanimento verso questo animale perpetrato in risposta ai presunti danni causati dal lupo al bestiame domestico che troppo spesso non è seriamente gestito favorendo la sua potenziale predazione, da non sottovalutare poi la perdita di identità genetica causata dall’ibridazione con i cani randagi, problemi ai quali si accostano la frammentazione e degrado dell’habitat che sta consumando gli ambienti più adatti a questa specie. (Le ultime stime di densità parlano 500-800 individui)
Capriolo italico: anche per questa specie il bracconaggio continua a rappresentare una seria minaccia favorito dalla frammentazione dei suoi territori, da strade montane che arrivano fino nel cuore dei più importanti boschi per questa specie. Inoltre vi è sempre più evidente la perdita della specificità genetica dovuta a ibridazione con la sottospecie europea utilizzata in passato per i programmi di reintroduzione scopo caccia. (meno di 10.000 individui)
Aquila del Bonelli: poche coppie sempre più assediate dall’avanzata delle infrastrutture umane che stanno modificando un ambiente un tempo ricco di conigli e alte potenziali prede, e oggi povero, con scarse risorse alimentari e con sempre più insistente il fenomeno del bracconaggio che sembra volere condannare all’estinzione questa specie nel nostro paese. (10-12 coppie)
Capovaccaio: le aride steppe mediterranee sono oramai scomparse quasi del tutto e con loro si sta rarefacendo sempre di più il piccolo avvoltoio degli egizi, sfrattato dalle sue rupi assediate dall’uomo e con sempre meno terreni liberi dove ricercare le sue prede, inoltre una politica irresponsabile ha negli ultimi anni permesso la nascita di centrali eoliche o di linee aeree vicino agli ambienti rupicoli frequentati minacciano seriamente gli ultimi esemplari. (nel 2005 sono state stimate 10 coppie)
Pernice bianca: forse una delle più importanti vittime dei cambiamenti climatici, vittima di un ambiente che troppo velocemente si va modificando alterando la stagionalità, su una popolazione ai limiti insiste poi ancora oggi una caccia irrazionale ed irresponsabile che non sembra valutare la crisi che la specie sta affrontando ma vuole persistere una attività che un tempo una popolazione vitale e abbondante poteva sopportare ma che oggi può decretarne l’estinzione in pochi anni. (5.000-9.000 coppie)
Gallina prataiola: non una gallina ma un parente stretto della nobile gru. Legata agli ambienti steppici e agricoli è minacciata dalla trasformazione di questi ecosistemi determinati dall’abbandono delle pratiche agricole e zootecniche. (circa 350 coppie)
Anatre mediterranee: quattro specie di anatre rare frequentano gli ambienti umidi del Mediterraneo: Moretta tabaccata, Anatra marmorizzata, Gobbo rugginoso e Fistione turco. Sono sempre più rare e alcune estinte in Italia. La trasformazione degli ambienti umidi dovuti alle bonifiche e al consumo del suolo hanno ridotto queste bellissime specie sull’orlo dell’estinzione in tutto il bacino del Mediterraneo. (moretta tabaccata: 10-30 coppie; anatra marmorizzata:circa 10 coppie; fistione turco:30-35 coppie; gobbo rugginoso: alcuni individui reintrodotti)
Pelobate fosco: vittima illustre della progressiva scomparsa di ambienti umidi residuali e dalla bonifica agricola e dal consumo del suolo che ha interessato tutta la nostra pianura padana. Oggi le poche popolazioni rimaste sono al limite con piccole popolazioni soggette ad impoverimento del proprio patrimonio genetico. (
Pesci delle acque interne: nei fiumi e nei laghi italiani vivono ben 48 specie di pesci, le principali minacce sono legate all’artificializzazione dei corsi d’acqua che vengono spesso ridotti a dei tubi di cemento, alle captazioni sempre più massicce di ogni corso d’acqua e all’immissione di specie estranee che finiscono per sostituire le nostre specie.
Tartarughe marine: Ormai in Italia depongono le loro uova in pochissimi luoghi costieri e il numero dei nidi è esiguo. Questo a causa dell’estesa antropizzazione delle coste e del conseguente disturbo alle femmine che vogliono deporre, alle uova in incubazione e hai piccoli appena nati, fino ad arrivare a situazioni di estremo degrado dell’habitat in cui la spiaggia stessa è scomparsa. Nel mare le tartarughe sono ancora presenti, e i mari Italiani sono particolarmente importanti, ma le catture accidentali in attrezzi da pesca minacciano la sopravvivenza delle popolazioni mediterranee. |
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LA CONVENZIONE SULLA BIODIVERSITA’ |
I PAESI E LE STRATEGIE NAZIONALI ADOTTATE
189 i Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica
126 i Paesi che hanno redatto una Strategia Nazionale o Piano di Azione nazionale per la Biodiversità in conformità con l’art.6 della Convenzione Internazionale.
27 i Paesi membri dell’Unione Europea che hanno ratificato o accettato la Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica.
22 i Paesi membri dell’Unione Europea che hanno redatto una Strategia Nazionale o Piano di Azione nazionale per la Biodiversità: Austria - Belgio - Bulgaria - Danimarca - Estonia - Finlandia - Francia - Germania - Irlanda - Lettonia - Lituania - Olanda - Polonia - Portogallo - Regno Unito - Repubblica Ceca - Romania - Slovacchia - Slovenia - Spagna - Svezia - Ungheria.
5 i Paesi membri dell’Unione Europea senza una Strategia Nazionale per la Biodiversità: Cipro - Grecia - Lussemburgo - Italia - Malta.
2 i Paesi candidati a diventare membri dell’Unione Europea che hanno redatto una Strategia Nazionale o Piano di Azione nazionale per la Biodiversità: Croazia, Turchia.
In Italia con la Legge n.124 del 14 febbraio 1994 il Parlamento ha ratificato la Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica ma ancora oggi non esiste una strategia nazionale per conservazione della biodiversità, in ottemperanza dell’articolo 6 della convenzione.
Roma, 21 maggio 2009
Ufficio stampa WWF Italia |
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