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RETE SOCIALE
19/11/2008  Lascia un commento
Cento modi per dire taci
Anna R. G. Rivelli
Corruzione, ricatto, sopraffazione. E ancora: ignoranza, povertà, menzogna. Sono questi solo alcuni dei cento modi per dire taci che il governo Berlusconi sta reinventando, o più semplicemente riesumando, per realizzare nel più rapido dei modi il suo progetto di democrazia apparente all’interno del quale non può che rimanere muro portante un sistema di informazione autoprodotto, autogestito ed autopromosso capace di fabbricare notizie dal nulla e scodellare opinioni precostituite idonee ciascuna per le più diverse occasioni.

Da quando il nuovo Governo si è insediato abbiamo visto sparire, ma solo dai notiziari, la spazzatura della Campania, l’immigrazione clandestina, l’inefficienza del pubblico impiego, la violenza sessuale sulle donne, il bullismo, persino la prostituzione. Sono comparsi, invece, i numeri di sondaggi e statistiche che, in questa buia parentesi mondiale, di tanto in tanto ci rassicurano sul buon andamento della politica economica del governo, sulle manovre di Tremonti, sulle politiche giovanili della Meloni, sulle prodezze di Brunetta.

Sparito è pure il tesoretto di prodiana memoria, sostituito, però, prontamente dal miraggio di detassazioni e di aiuti alle famiglie che già quasi ci sembra di toccare con mano. Spariscono per dovere di maggioranza anche le morti per leucemie e cancro da superati limiti di inquinamento e si attenuano, dove proprio la magia d’annullamento non riesce, anche le polemiche per le morti bianche e per il mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ritornano le stragi e gli omicidi laddove protagonista è la follia e il dramma è tutto e squisitamente personale; si spengono, invece, le luci della ribalta sulle grandi inchieste che coinvolgono le nomenklature, sui numeri delle proteste, su quelli della povertà. In questo sistema, in cui tutto ciò che non appare non esiste, l’invito a tacere non si concretizza nelle parole, ma nelle azioni, nel fragore dell’ingiustizia seguita dall’annullamento nel silenzio dell’informazione o nelle interpretazioni barocche dei fatti che si fanno assordanti nel tam tam dei media.

E’ un modo di dire taci il fantasma del licenziamento per gli operai che chiedono più sicurezza; è un modo di dire taci l’assoluzione dei veri responsabili delle violenze alla Diaz; è un modo di dire taci l’allontanamento dei magistrati scomodi; è un modo di dire taci anche il non allontanamento dei magistrati comodi; è un modo di dire taci la minaccia di chiudere l’ILVA di Taranto come unica soluzione all’aumento di diossina; è un modo di dire taci il cinque in condotta agli studenti; è un modo di dire taci il taglio dei fondi alla scuola e all’università pubblica; è un modo di dire taci rendere impossibile la gestione della famiglia per le donne che lavorano; è un modo di dire taci persino la carineria sull’abbronzatura di Obama.

L’elezione a tradimento del senatore Riccardo Villari alla presidenza della commissione di Vigilanza Rai è un altro modo di dire taci ed è per questo che non ci si può lasciare ingannare dal solito semiridente Cicchitto che chiama eversione la lotta per la salvaguardia dei principi della democrazia.

La tenace opposizione di Antonio Di Pietro (anche questa arrangiata e suonata in sordina dagli embedded del sistema informativo) e la sua apparentemente immotivata testardaggine nel non volere concedere nulla a chi - la maggioranza - nulla aveva diritto a pretendere è riuscita comunque a portare come risultato l’ennesima dimostrazione di come la democrazia in Italia stia pericolosamente vacillando e, soprattutto, di quanto si debba tenere alta la guardia proprio nella garanzia di una informazione il più possibile corretta e libera. Se corretta e libera, infatti, l’informazione è madre della partecipazione e la partecipazione, a sua volta, della vera democrazia.

In fondo giustizialista ed eversivo sono altri modi per dire taci.

Anna R.G. Rivelli
 
 
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