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RETE SOCIALE
03/12/2008  Lascia un commento
Necessità di un manuale di recupero
Atanasio Pizzi

La necessità di definire delle linee guida per il recupero e la conservazione della qualità del costruito storico si relaziona alla constatazione di uno stato di fatto che palesemente denuncia la carenza di adeguati strumenti indirizzati alla salvaguardia del patrimonio edificatorio, in special modo per quello che fa parte dell’edilizia storica minore delle comunità Arbëreshe (includendo in questa definizione anche i complessi rurali extraurbani).

I manuali di recupero possono essere riconosciuti come un valido supporto utile a sopperire tali mancanze; il loro apporto conoscitivo e operativo è tale per cui dovrebbero divenire parte integrante dei Regolamenti Edilizi Comunali soprattutto per i centri di riconosciuto valore storico, troppo sovente soggetti a legislazioni che modificano sostanzialmente il significato autentico del restauro. Non di rado, infatti, è possibile riscontrare strumenti urbanistici che trattano in maniera molto superficiale, dal punto di vista tipologico-conservativo, le singole categorie costruttive che delineano la compagine edilizia.

Questa affermazione trova le sue ragioni semplicemente dall’osservazione di un variegato modo di operare decisamente arbitrario e utilitaristico motivato da ragioni che esulano dalla volontà di salvaguardare il nostro patrimonio edificatorio.

A comprova di questo è sufficiente menzionare alcune delle operazioni ricorrentemente eseguite a discapito del costruito: sostituzione di solai lignei, ancora efficienti, in luogo di strutture orizzontali latero-cementizia sicuramente più pesanti e rigide, persiane lignee, realizzate con il sistema di incastri delle lamelle fissate ad un telaio, sostituite da serramenti oscuranti realizzati con materiale e tecniche completamente diverse ed incompatibili (alluminio anodizzato di colore oro) con la grammatica del fabbricato.

Il risultato ultimo di tutto questo è, ovviamente, l’alterazione preponderante dell’aspetto del tessuto storico e, ancor peggio, la perdita di elementi tecno-morfologico caratterizzanti quella precisa cultura costruttiva.

Le modalità delle operazioni di sostituzioni o ripristini di parti del fabbricato offrono margini troppo vasti alla libera decisione dell’iniziativa privata che, ignorando le tematiche fino ad ora esposte, basa le sue scelte in riferimento a parametri spiccatamente utilitaristici. Il professionista, spesso poco sensibile e poco avvezzo a confrontarsi con la preesistenza antica, non guidato da regolamenti efficienti al riguardo si trova nelle condizioni di gestire le risoluzioni nella più completa libertà decisionale, influenzato, come sovente accade, dalle indicazioni azzardate della committenza.

Non così di rado è possibile riscontrare interventi scorretti e male eseguiti frutto non tanto di malafede o speculazioni quanto, piuttosto, dell’effettiva assenza di una specifica cultura del recupero, operando sull’antico come si fa sul moderno, con i materiali e le tecniche più facili da reperire o da utilizzare e considerando spesso il manufatto esclusivamente in termini di metri cubi o quadrati. Allo scopo di eludere tali scempi e per aiutare il professionista meno attento, è indispensabile che le Amministrazioni Comunali si dotino di un "manuale del recupero" redatto sulla riscoperta delle metodiche e delle tecniche edilizie tradizionali che caratterizzano lo specifico territorio.

Questi manuali si rilevano come supporto cultuale di ogni possibile operazione di intervento sul costruito storico dei centri Arbëreshe, non solo come banca dati documentaria, ma anche come supporto indispensabile alla progettazione di quelle mutazioni che dobbiamo necessariamente imporre al vecchio, se vogliamo che esso sia adatto ad ospitarci. La riscoperta delle antiche tecniche costruttive diviene un fattore essenziale per poter ridefìnire l’equilibrio strutturale e compositivo di una struttura degradata; l’interazione con i manufatti antichi non dovrebbe mai prescindere da una profonda conoscenza di come si sono, in origine, strutturati, poiché anche l’utilizzo di tecnologie contemporanee, deve assoggettarsi e non imporsi sulla preesistenza stravolgendone l’assetto.

«Nel campo del restauro-recupero del costruito storico per contrastare i così tanti "abusi" e pregiudizi, si rende necessario riappropriarsi criticamente di tutta quella somma di conoscenze artigianali che, nell’entusiasmo trionfalistico del processo di industrializzazione, nessuno degli addetti ai lavori tra l’SOO e i primi del 1900 si è minimamente preoccupato di tramandare. La netta separazione tra le metodologie edificatorie utilizzate in passato e quelle attualmente adottate è stata la diretta conseguenza dell’industrializzazione del settore edile tanto che la disponibilità di prodotti e tecnologie pronte all’uso ha soppresso le tecnologie antiche con il risultato che le maestranze si sono adeguate a quanto il mercato offre perdendo, via via, la maestria e l’arte del costruire secondo le metodologie tradizionali, proprie dei loro predecessori.

Il divario tra la metodica d’intervento del passato rispetto a quella che caratterizza la nostra contemporaneità genera, sui manufatti antichi, scorrettezze procedurali.
La mancata tutela e l’abbandono delle tecniche tradizionali rende, purtroppo, difficile il loro attuale riutilizzo considerato che, non di rado, il professionista che propone al committente interventi sull’antico utilizzando materiali e tecnologie passate viene visto, nella migliore delle ipotesi, come uno retrogrado, altrimenti come un tecnico poco esperto e aggiornato sulle moderne tecnologie.

Alla luce di queste considerazioni il manuale di recupero può essere il tramite per riscoprire ciò che da sempre ha caratterizzato il luogo strutturandolo nel corso del tempo; illustrare esplicando quelli che sono gli elementi morfologici che caratterizzano il luogo e di questi delucidarne la tecnologia che mette in relazione le parti e basilare per sensibilizzare ed "istruire" sia gli utenti, sia i professionisti artefici degli interventi.

Il manuale del recupero deve essere concepito come un vero e proprio strumento di salvaguardia della memoria edificatoria dei comuni Arbëreshe, l’anello mancante in grado di ristabilire la continuità venuta meno tra passato e presente riappropriandosi così del sapere artigianale realizzando così nuove opportunità imprenditoriali; offrendo la possibilità di aggiornare e sviluppare le antiche tecniche sfruttando le esperienze di tutti gli operatori del settore nonché la riscoperta di conoscenze passate, in accordo con gli accadimenti che caratterizzano il comparto oggetto di studio e di ricerca. Le nozioni grafiche, fotografiche e scrittografiche riportate all’interno del manuale dovranno essere tali da restituire una panoramica il più esaustiva possibile di quella che è la tradizione edificatoria del luogo cercando di definire le tecnologie e descrivendone i criteri d’intervento.

Quanto riportato dovrà essere interpretato come un insieme di indicazioni che non definiscono delle norme di pratica ma che possono, eventualmente, essere inseriti nei comparti dei regolamenti come integrazione necessaria al fine di tenere sempre sotto stretto controllo l’operato sui centri storici delle comunità Arbëreshe.

Arch.Atanasio  Pizzi

>> atanasio@atanasiopizzi.it
 
 
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