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Necessità di un manuale di recupero |
Atanasio Pizzi
La necessità di definire delle
linee guida per il recupero e la conservazione della qualità del costruito
storico si relaziona alla constatazione di uno stato di fatto che palesemente
denuncia la carenza di adeguati strumenti indirizzati alla salvaguardia del
patrimonio edificatorio, in special modo per quello che fa parte dell’edilizia
storica minore delle comunità Arbëreshe (includendo in questa
definizione anche i complessi rurali extraurbani).
I manuali di recupero
possono essere riconosciuti come un valido supporto utile a sopperire tali
mancanze; il loro apporto conoscitivo e operativo è tale per cui dovrebbero
divenire parte integrante dei Regolamenti Edilizi Comunali soprattutto per i
centri di riconosciuto valore storico, troppo sovente soggetti a legislazioni
che modificano sostanzialmente il significato autentico del restauro. Non di
rado, infatti, è possibile riscontrare strumenti urbanistici che trattano in
maniera molto superficiale, dal punto di vista tipologico-conservativo, le
singole categorie costruttive che delineano la compagine edilizia.
Questa
affermazione trova le sue ragioni semplicemente dall’osservazione di un
variegato modo di operare decisamente arbitrario e utilitaristico motivato da
ragioni che esulano dalla volontà di salvaguardare il nostro patrimonio
edificatorio.
A comprova di questo è sufficiente menzionare alcune delle
operazioni ricorrentemente eseguite a discapito del costruito: sostituzione di
solai lignei, ancora efficienti, in luogo di strutture orizzontali
latero-cementizia sicuramente più pesanti e rigide, persiane lignee, realizzate
con il sistema di incastri delle lamelle fissate ad un telaio, sostituite da
serramenti oscuranti realizzati con materiale e tecniche completamente diverse
ed incompatibili (alluminio anodizzato di colore oro) con la grammatica del
fabbricato.
Il risultato ultimo di tutto questo è, ovviamente,
l’alterazione preponderante dell’aspetto del tessuto storico e, ancor peggio, la
perdita di elementi tecno-morfologico caratterizzanti quella precisa cultura
costruttiva.
Le modalità delle operazioni di sostituzioni o ripristini di
parti del fabbricato offrono margini troppo vasti alla libera decisione
dell’iniziativa privata che, ignorando le tematiche fino ad ora esposte, basa le
sue scelte in riferimento a parametri spiccatamente utilitaristici. Il
professionista, spesso poco sensibile e poco avvezzo a confrontarsi con la
preesistenza antica, non guidato da regolamenti efficienti al riguardo si trova
nelle condizioni di gestire le risoluzioni nella più completa libertà
decisionale, influenzato, come sovente accade, dalle indicazioni azzardate della
committenza.
Non così di rado è possibile riscontrare interventi
scorretti e male eseguiti frutto non tanto di malafede o speculazioni quanto,
piuttosto, dell’effettiva assenza di una specifica cultura del recupero,
operando sull’antico come si fa sul moderno, con i materiali e le tecniche più
facili da reperire o da utilizzare e considerando spesso il manufatto
esclusivamente in termini di metri cubi o quadrati. Allo scopo di eludere tali
scempi e per aiutare il professionista meno attento, è indispensabile che le
Amministrazioni Comunali si dotino di un "manuale del recupero" redatto
sulla riscoperta delle metodiche e delle tecniche edilizie tradizionali che
caratterizzano lo specifico territorio.
Questi manuali si rilevano come
supporto cultuale di ogni possibile operazione di intervento sul costruito
storico dei centri Arbëreshe, non solo come banca dati documentaria, ma anche
come supporto indispensabile alla progettazione di quelle mutazioni che dobbiamo
necessariamente imporre al vecchio, se vogliamo che esso sia adatto ad
ospitarci. La riscoperta delle antiche tecniche costruttive diviene un fattore
essenziale per poter ridefìnire l’equilibrio strutturale e compositivo di una
struttura degradata; l’interazione con i manufatti antichi non dovrebbe mai
prescindere da una profonda conoscenza di come si sono, in origine, strutturati,
poiché anche l’utilizzo di tecnologie contemporanee, deve assoggettarsi e non
imporsi sulla preesistenza stravolgendone l’assetto.
«Nel campo del
restauro-recupero del costruito storico per contrastare i così tanti "abusi" e
pregiudizi, si rende necessario riappropriarsi criticamente di tutta quella
somma di conoscenze artigianali che, nell’entusiasmo trionfalistico del processo
di industrializzazione, nessuno degli addetti ai lavori tra l’SOO e i primi del
1900 si è minimamente preoccupato di tramandare. La netta separazione tra le
metodologie edificatorie utilizzate in passato e quelle attualmente adottate è
stata la diretta conseguenza dell’industrializzazione del settore edile tanto
che la disponibilità di prodotti e tecnologie pronte all’uso ha soppresso le
tecnologie antiche con il risultato che le maestranze si sono adeguate a quanto
il mercato offre perdendo, via via, la maestria e l’arte del costruire secondo
le metodologie tradizionali, proprie dei loro predecessori.
Il divario
tra la metodica d’intervento del passato rispetto a quella che caratterizza la
nostra contemporaneità genera, sui manufatti antichi, scorrettezze
procedurali. La mancata tutela e l’abbandono delle tecniche tradizionali
rende, purtroppo, difficile il loro attuale riutilizzo considerato che, non di
rado, il professionista che propone al committente interventi sull’antico
utilizzando materiali e tecnologie passate viene visto, nella migliore delle
ipotesi, come uno retrogrado, altrimenti come un tecnico poco esperto e
aggiornato sulle moderne tecnologie.
Alla luce di queste considerazioni
il manuale di recupero può essere il tramite per riscoprire ciò che da sempre ha
caratterizzato il luogo strutturandolo nel corso del tempo; illustrare
esplicando quelli che sono gli elementi morfologici che caratterizzano il luogo
e di questi delucidarne la tecnologia che mette in relazione le parti e basilare
per sensibilizzare ed "istruire" sia gli utenti, sia i professionisti artefici
degli interventi.
Il manuale del recupero deve essere concepito come un
vero e proprio strumento di salvaguardia della memoria edificatoria dei comuni
Arbëreshe, l’anello mancante in grado di ristabilire la continuità
venuta meno tra passato e presente riappropriandosi così del sapere artigianale
realizzando così nuove opportunità imprenditoriali; offrendo la possibilità di
aggiornare e sviluppare le antiche tecniche sfruttando le esperienze di tutti
gli operatori del settore nonché la riscoperta di conoscenze passate, in accordo
con gli accadimenti che caratterizzano il comparto oggetto di studio e di
ricerca. Le nozioni grafiche, fotografiche e scrittografiche riportate
all’interno del manuale dovranno essere tali da restituire una panoramica il più
esaustiva possibile di quella che è la tradizione edificatoria del luogo
cercando di definire le tecnologie e descrivendone i criteri
d’intervento.
Quanto riportato dovrà essere interpretato come un insieme
di indicazioni che non definiscono delle norme di pratica ma che possono,
eventualmente, essere inseriti nei comparti dei regolamenti come integrazione
necessaria al fine di tenere sempre sotto stretto controllo l’operato sui centri
storici delle comunità Arbëreshe.
Arch.Atanasio Pizzi
>> atanasio@atanasiopizzi.it |
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