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Italcementi il mecenate |
Mutamenti a mezzogiorno
Vent’anni fa la legambiente denunciava una serie di discariche abusive nel territorio della murgia materana sottoposto a tutela dalla legge Galasso e dalla legge Merli per quanto riguarda la tutela delle acque. Tra le tante segnalazioni vi era quella della ditta COCEMA la quale scaricava i suoi scarti di lavorazione lungo il costone della Gravina di Matera in località San Vito. Successivamente la Procura, al contrario del comune, intervenne con il sequestro dell’area.
Qualche anno dopo la ditta fu condannata al ripristino ambientale. Dopo aver inquinato il torrente e il versante della gravina, a distanza di vent’anni la ditta per delocalizzare la propria attività pone le sue condizioni. In sostanza chiede all’amministrazione comunale una Variante allo strumento urbanistico per trasformare un’area agricola in area industriale. Il sito indicato è localizzato oltre il centro commerciale di borgo Venusio.
Nel ritenere la localizzazione un fatto positivo, non possiamo in ogni caso accettare il ricatto posto dall’ Italcementi (attuale proprietaria). Vi sono aree deputate a queste funzioni nell’attuale strumento urbanistico e dunque non ci sembra il caso di intaccare altre aree agricole. Inoltre, Italcementi è proprietaria di centinaia di migliaia di ettari attualmente destinati alla produzione del cementificio. L’attività di produzione di calcestruzzo dovrebbe a nostro avviso essere collocata all’interno del cementificio evitando ulteriori trasformazioni ambientali.
Nell’immagine del maggio 1988: Gravina di Matera, discarica abusiva di calcestruzzo in località San Vito
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Dopo aver :
- distrutto il territorio, usufruito di decine di miliardi di finanziamenti pubblici in cambio di poche decine di posti
di lavoro (gli impegni occupazionali erano ben altri) e incassato, dalla regione basilicata, l’esclusione delle aree di
proprietà dal perimetro del Parco (per merito della legge regionale e del suo relatore);
- ottenuto dal comune di Matera l’eliminazione delle aree di preParco dalla pianificazione urbanistica ambientale;
- incassato, sempre dalla stessa regione basilicata, questa volta con il parere contrario del consiglio comunale, il
riconoscimento della destinazione d’uso all’interno del cementifici per l’istallazione di un impianto di produzione di
energia elettrica (la vicenda della centrale è tutt’altro che chiusa);
- imposto, come è successo ultimamente, tecnologie economicamente vantaggiose per l’azienda a danno della
collettività, ricorrendo al solito ricatto occupazionale;
- usato in maniera impropria il sito di San Vito;
l’Italcementi impone ancora le proprie condizioni per la de-localizzazione degli impianti di San Vito: una variante al piano regolatore generale fatta su misura. A questo punto nessuno si meraviglierebbe se la bonifica dell’area fosse posta a carico della collettività.
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