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I Sassi sono o non sono un Bene Culturale? |
In questi giorni il Consiglio comunale si appresta ad approvare le contro osservazioni presentate dai cittadini al Piano Generale di Recupero dei Sassi adottato a giugno del 2006.
Il Piano generale degli antichi rioni diventerà operativo nella piena indifferenza della città . Eppure si tratta di un atto importante, un’occasione per discutere sui principi, sui limiti, sui pregi o sui difetti delle programmazioni precedenti, di nuove regole di intervento, di prospettive ideali e strategiche.
Si è ridotto invece, per una serie di ragioni, a puro strumento tecnico gestionale. I Sassi, come tutti hanno percepito, non vivono un buon momento, come la città del resto. Il piano generale di recupero affronta temi ed offre tantissime opzioni molte delle quali non sono state condivise e partecipate. Tra queste vorremmo segnalare la mancata definizione dello stato giuridico dei Sassi. Il piano è fatto di analisi, cartografie e norme tecniche di attuazione.
L’articolo uno stabilisce l’oggetto e la natura del patrimonio immobiliare, “cosa sono i Sassi”. Mentre si afferma che il comprensorio degli antichi rioni e dell’altopiano murgico ha un sostanziale interesse nazionale, incluso nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, non viene riconosciuta l’eccezione "Culturale".
Nonostante gli elogi nazionali e mondiali, il piano generale elude di affermare con chiarezza che i Sassi sono un Bene Culturale sottoposti a tutela, in base alle norme previste dalla seconda parte del Codice dei Beni Culturali.
Riconoscere lo stato giuridico di Bene Culturale significa, per esempio, che l’unica categoria di intervento possibile è il restauro, come qualsiasi monumento vincolato. Il restauro eleva il livello della tutela, della qualità degli interventi e quindi della conoscenza e della competenza. Oggi, dopo i tanti errori commessi, bisognerebbe parlare solo di restauro perché , come diceva Mauro Padula, le opere d’arte si restaurano e non si distruggono.
Le norme tecniche, che hanno accompagnato i programmi biennali e che accompagnano il piano generale di recupero, annunciano interventi fortemente invasivi fuori dalla tradizione costruttiva dei Sassi: si modificano i prospetti e le facciate, si autorizzano collegamenti innaturali tra unità immobiliare, autosilo, sventramenti, abbattimenti e ricostruzioni, elevatori, ascensori e nastri trasportatori, incalottamenti cementizi, torri di ispezione fuori misura, si utilizzano tecniche e materiali incongrui. Non vi è stato e non vi è il minimo sforzo per eludere l’evitabile.
Riconoscere agli antichi rioni l’eccezione "culturale" significa ridefinire nuovi codici di intervento secondo la disciplina del restauro, l’unica in grado di garantire interventi esemplari. Parliamo di codici di tutela per il governo delle trasformazioni d’uso dei vecchi manufatti. Regole chiare a cui tutti dovranno attenersi, sia il privato sia il pubblico, a partire dalla Soprintendenza.
Alcune recenti sentenze della Cassazione hanno ribadito che per i beni immobili di interesse culturale, appartenenti a ente pubblico o a istituti o enti morali, vi è l’automatica sottoposizione degli stessi al regime giuridico delle cose aventi interesse storico, artistico, architettonico, archeologico ed etnoantropologico, indipendentemente dalla circostanza che siano stati inseriti in elenchi o che vi sia stata una formale notificazione del loro valore.
La Cassazione ha ribadito, inoltre, che il riconoscimento di tutela di Ben Culturale lo si debba esercitare anche su immobili di proprietà privata, non oggetto di provvedimenti specifici, se questi, oltre ad essere parte integrante del complesso monumentale, sono dotati delle stesse oggettive caratteristiche monumentali. La Cassazione racconta l’esempio di un palazzo storico, con la proprietà frazionata tra pubblico e privato, e dice che "sarebbe infatti assurdo che, nel caso di proprietà frazionata di un immobile ritenuto, nel suo complesso, degno di tutela, soltanto le parti di proprietà pubblica fossero da considerare, per ciò solo, vincolate, e non le altre."
Detto questo non si comprende per quale ragione i Sassi non debbano essere considerati nella loro complessità Beni Culturali. Per quale ragione non bisogna elevare i termini della tutela ed adeguare la disciplina di intervento alla sola categoria del restauro. Il problema come al solito non è di natura tecnica ma culturale e politico. Non è più accettabile parlare di risanamento quando invece bisognerebbe parlare solo e soltanto di restauro, perché i Beni Culturali si restaurano.
Michele Morelli - Aprile 2007 |
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