Stranamente il progetto di valorizzazione turistica delle risorse storico-culturali, come riportato in calce sul cartello lavori, non considera l’elemento più importante di tutto il sistema degli ipogei, ovvero la Chiesa rupestre di San Giuliano databile al XII secolo, intorno alla quale si sviluppa, a partire dalla seconda metà del 1500, tutto il complesso sistema monumentale. All’interno della Chiesa vi sono ampie pareti con dipinti murari e molti particolari dell’originaria Chiesa cinquecentesca di S. Maria delle Grazie. I dipinti vengono restaurati nell’anno 2003 a cura della Soprintendenza ai Beni Storici Artistici e Etnoantropologici della Basilicata con apposito finanziamento del Ministero.
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Il rilievo e tutti gli elaborati progettuali presentati dalla Soprintendenza BAP Basilicata nel 2000, nel 2004 e nel 2008 mostrano una troncatura degli ipogei nel collegamento tra questi e la Chiesa rupestre (Punto B della planimetria di riferimento).
Nel servizio televisivo prodotto da TRM il 27 marzo 2008 vengono intervistati sia il progettista, Ing. Antonio Persia, che dichiara l’esistenza di questo collegamento dietro una muratura in tufo. Viene intervistato anche il responsabile dell’attività di Catalogazione della Soprintendenza BAP Basilicata, Arch. Biagio Lafratta, il quale dichiara che, pur essendo a conoscenza ("cosa a noi notissima") del nome della Chiesa rupestre, San Giuliano, continuano a identificarla come S. Guglielmo in quanto "alla fine si tratta della stessa chiesa". Il nome S. Guglielmo deriva da un’errore di intepretazione del Volpe nel 1800 nella lettura del manoscrito del Verricelli. |
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Con 1.084.559,49 a disposizione per valorizzare gli ipogei la Soprintendenza non toglie neanche un tufo della muratura lasciando questa straordinaria testimonianza accessibile solo attraverso la Chiesa di S. Agostino e quindi vincolata alle funzioni ecclesiastiche della parrocchia. Per la stessa cifra la Soprintendenza non riporta neppure il nome vero della Chiesa che da un significato storico completamente diverso a tutta l’evoluzione del complesso. Evidentemente Matera non merita di conoscere la propria storia.
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Planimetria di riferimento
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