I vuoti della memoria |
La città storica, con i suoi vuoti ed i suoi interrogativi, luogo in continua scoperta, rilettura e reinterpretazione come tutti i fenomeni storici sempre “mai indagati abbastanza”, rappresenta oggi per la città contemporanea la risorsa culturale ed il riferimento più autentico per l’avvenire.
Il caso del Complesso Monastico di Sant’Agostino e della sua lunga e articolata vicenda storica, tassello indispensabile all’interno della città antica, rappresenta oggi occasione per maturare riflessioni, soprattutto alla luce degli avvenimenti della storia recente (cominciata con la L. 771/86 e la proposta di inserire un parcheggio previsto con i piani di attuazione del Recupero dei Sassi) ed in virtù delle strategie da mettere in campo per la gestione della città.
La vicenda negli ultimi sviluppi recenti ha assunto aspetti paradossali: dalla distruzione di un giardino e della sue preesistenze sottostanti per la costruzione di un parcheggio fino al momento attuale, con la proposta progettuale in variante, che prevede una sala conferenze con spazio espositivo annesso, senza la riproposizione di nessuno spazio verde e di nessuna sistemazione che valorizzi le preesistenze ipogee, tutte parti integranti del Complesso vincolato dal 1988 con specifico Decreto Ministeriale.
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1988 Vincolo del Ministero dei Beni Culturali per il complesso di S. Agostino |
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La proposta nella parte sub divo cielo prevede uno spazio lastricato (vero e proprio lastrico solare) fruibile in qualche maniera ma assolutamente incongruo a riempire il vuoto lasciato con la rimozione delle piante e di quello che era probabilmente l’orto di sant’Agostino, senza aver individuato nemmeno un piccolo spazio di superficie "permeabile" che potesse alludere e rievocare quello che rappresenta l’acqua per la vita e la storia della città, e soprattutto, senza ricollocare correttamente le "griptis" citate nei documenti antichi nel loro giusto rapporto con le plateole antistanti.
E’ paradossale avere oggi un vuoto al posto di un luogo che, sicuramente da riqualificare con una ordinaria manutenzione verde, rappresentava un riferimento arboreo nella città dei Sassi, aggiungendosi così agli altri che sono fortunatamente ancora presenti a corredo indispensabile degli spazi scavat. Oggi, mutuare dal passato e dalla storia edilizia dei nostri luoghi le opportune scelte progettuali sarebbe stato segno di una inversione di rotta verso la comprensione, la riqualificazione e la valorizzazione della città storica, da più parti richiesta ma mai attuata con proposte progettuali meditate, fondate su concetti quali la compatibilità ed il minimo intervento, soprattutto in considerazione del contesto (vero crogiuolo storico, artistico, urbano, ambientale e paesaggistico) in cui siamo immersi.
In tal senso vogliamo ricordare la Carta di Venezia del 1964, che nel suo articolo iniziale fonda i principi essenziali di una tutela moderna e consapevole:
Art.1 - La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l’ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un’evoluzione significativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale. |
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Carta di Venezia (1964) |
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