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Cosa rimane del Parco delle Cave |
Associazione Mutamenti a Mezzogiorno Che sarebbe andata così non vi erano dubbi, tutto era abbastanza chiaro a partire dalla fine degli anni ottanta, quando, l’amministrazione Acito in tutta fretta, approvava il progetto di recupero e valorizzazione di alcune aree e manufatti siti nell’attuale parco regionale della murgia materana. L’ipotesi di intervento prevedeva una serie di opere da realizzare in una parte consistente del territorio periurbano noto per la presenza di emergenze ambientali, archeologiche, storiche monumentali e testimoniali di eccezionale valore. |
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All’epoca dell’approvazione del progetto, tutta l’area interessata ai lavori era sottoposta a norme di tutela urbanistica ambientale (vincolo paesaggistico, P.R.G. Piccinato, legge 771/86 e norme tecniche di attuazione allegate al Primo Programma Biennale). L’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale si inseriva dunque in un contesto normativo di elevata protezione. In seguito, con l’approvazione della legge regionale n. 11 del 1990, tutta l’area entrerà a far parte del territorio del Parco Regionale della Murgia Materana.
Ma prima di entrare nel merito della vicenda della Cava del Sole, è opportuno ricordare il contesto politico culturale di quegli anni. Un periodo storico fortemente contraddittorio. Alla crescente domanda di tutela si contrapponeva una politica di forte crescita urbanistica e di abusivismo diffuso. Non mancarono tentativi di trasformare l’area a ridosso delle cave in un quartiere residenziale. Un piano di lottizzazione di edilizia convenzionata e agevolata pronto per essere discusso e approvato dal consiglio comunale. La colata di cemento fu evitata anche grazie alla protesta di alcune associazioni ambientaliste. |
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Nel 1986 la Legambiente presentò alla procura della repubblica un rapporto sulle discariche abusive di tutta la zona. L’unico ad essere condannato fu la calcestruzzi in località San Vito che scaricava abusivamente nella Gravina gli scarti cementizi. Nello stesso periodo la chiesa di San Gregorio, sita a ridosso delle vecchie cave di tufo, fu abbattuta di notte con le ruspe. L’amministrazione comunale naturalmente non denunciò mai nessun episodio di quelli appena raccontati alla magistratura (per fare un esempio, l’ordinanza sindacale di ripristino ambientale per la calcestruzzi fu emessa solo dopo la condanna da parte del tribunale e non prima). |
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In questo quadro di non governo del territorio, le vecchie cave di tufo incominciarono a colmarsi, a partire dalla metà degli anni ’80, senza interruzione, di rifiuti. Rifiuti derivanti per lo più da attività edilizie di natura privata e pubblica. Il tema della bonifica delle cave di tufo e della loro valorizzazione fu posto nel 1989, in occasione dei finanziamenti della legge per lo sviluppo del mezzogiorno L. 64/86. Lo scontro con l’ex sindaco fu proprio sulla bonifica e sulla filosofia degli interventi da privilegiare. La Legambiente ha sempre sostenuto che la valorizzazione avrebbe avuto senso solo attraverso un progetto di bonifica dell’area.
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Asserito il finanziamento, l’opera pubblica fu approvato definitivamente nel 1992, in Variante al Piano Regolatore Generale, con delibera di consiglio comunale n. 58. Delibera di controdeduzioni alle "OSSERVAZIONI" presentate da Legambiente che naturalmente furono totalmente respinte dal consiglio comunale e in particolare dall’ex sindaco. |
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1992 - Delibera del Consiglio Comunale Parco delle Chiese Rupestri |
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Il progetto originario prevedeva numerosi interventi (oltre la misura, se consideriamo le risorse a disposizione) a partire da Porta Pistola, passando per lo Jurio, a Madonna di monte verde, Madonna degli Angeli, Madonna delle Vergini ecc., fino ad arrivare a Cristo la Gravinella. Il tutto, sarebbe stato realizzato tramite affidamento dei lavori con la formula "chiavi in mano", per un investimento pari a 2.800.000.000 di lire. |
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A distanza di quasi venti anni poco, se non addirittura pochissimo, è stato realizzato. Per quanto riguarda l’ambito delle cave settecentesche, site lungo la vecchia via Appia, Legambiente chiedeva il restauro ambientale dell’intera zona e maggiore attenzione al tema conservativo (in quanto i Beni culturali vanno prima di tutto restaurati e resi fruibili al godimento pubblico). Si invitava in sostanza l’amministrazione ad acquisire le aree al patrimonio pubblico (non solo la Cava del Sole), a bonificare le discariche abusive diffuse sull’intero territorio a partire dallo svuotamento delle vecchie cave, a restaurare le chiese e le strutture rupestri e subdiali esistenti, a ripristinare i muretti a secco (in particolare lungo i confini delle cave) e i percorsi pedonali dei cavatori, a riattivare i percorsi d’acqua, gli orti e giardini; ad acquisire ed abbattere gli edifici abusivi non ancora condonati (ex falegnameria); ad acquisire e restaurare le "aie" di Colangiulli a monte delle cave. Tutte queste informazioni si possono riscontrare nella delibera di Consiglio Comunale n. 58/1992.
Rileggendo la documentazione di quegli anni (compresa la risposta dell’ allora sindaco) e osservando attentamente le bellissime storiche foto di Mario Cresci, non si può non prendere atto del malinconico nonché triste risultato e denunciare il modo caricaturale e grottesco di interpretare i segni del territorio, la tutela, la valorizzazione dei Beni Culturali.
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Dell’antico "sistema antropico ambientale delle cave di tufo" rimane ben poco di autentico, non resta che riflettere sull’ennesima occasione perduta. Ancora una volta si è voluto investire sulla improbabile funzione (di spazio dedicato a manifestazioni dal vivo 365/365 giorni all’anno) e non sulla fruizione del Bene Culturale in se.
L’invadenza del politico del momento, ieri come oggi, così come l’assenza delle soprintendenze locali e degli uffici regionali preposti alla tutela, hanno probabilmente contribuito in modo definitivo a questo pessimo, deleterio e diseducativo risultato.
Le foto di Mario Cresci per fortuna sono li a testimoniare la vera storia di questi luoghi e notificare di cosa la città è stata privata.
Associazione Mutamenti a Mezzogiorno
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